25.10.24

Concordato preventivo biennale: una scelta o un obbligo per il contribuente?

Per dirla in gergo analitico, il Concordato preventivo biennale è un argomento “topic” nel web. Da qualche settimana anche i mass media ne stanno parlando, con i toni della promozione e del vantaggio, per lo Stato ed anche per il contribuente.

Ma il Concordato preventivo biennale è davvero vantaggioso per il contribuente che vi aderisce, qualora volesse, o risulta essere un atto obbligatorio per non incorrere in varie ed eventuali?

In questo contributo si proverà a fare un po’ di chiarezza su quest’istituto tributario di nuova e repentina introduzione.

Sul piccolo schermo da settimane e online da sempre, l’istituto tributario del Concordato preventivo biennale suscita grande curiosità tra gli addetti ai lavori e gli stessi contribuenti, che si interrogano sui vari aspetti introdotti dallo stesso istituto.

Di fatto, però, il Concordato preventivo biennale (CPB) ha preso piede già lo scorso inverno, quando il Governo ha introdotto quello che, all’atto pratico, vuole essere un vero e proprio “accordo” con il Fisco, attraverso il quale viene stabilito il reddito su cui pagare le imposte per il biennio 2024-2025, con il vantaggio di non tassare il reddito eventualmente eccedente.

Naturalmente questa è la premessa, ma le condizioni affinché il contribuente possa accedere all’istituto sono varie ed articolate.

CHI PUO’ ADERIRE AL CPB. Innanzitutto, da un punto di vista soggettivo possono aderire al Concordato preventivo biennale soltanto i contribuenti che svolgono attività d’impresa, arte e professioni sia che applichino gli ISA (ex studi di settore) sia tutte le persone fisiche titolari di partita IVA aderenti al regime forfetario, per cui ne rimangono escluse tutte quelle società che svolgono il ruolo di holding in quanto non applicano gli ISA.

Rispetto ai contribuenti aderenti al regime forfetario, per loro l’accordo è in via sperimentale ed è applicabile soltanto per il periodo di imposta 2024 e non anche per il 2025, inoltre posso aderirvi a patto che non abbiano iniziato la loro attività nell’anno 2023.

Invece, un requisito oggettivo di prima scrematura per potervi accedere è l’inesistenza di debiti tributari per un importo uguale o superiore a 5.000 euro alla data del 31/12/2023. Tuttavia, per poter verificare correttamente questa soglia bisogna prendere in considerazione soltanto i debiti che emergono da atti impositivi non più impugnabili.

IL CASO PRATICO. Facciamo un esempio. Se il contribuente, nel corso del 2023, gli è stato notificato un avviso bonario non cambia nulla: si tratta di un aspetto irrilevante. Se un contribuente, invece, sempre nel corso del 2023 ha ricevuto una cartella esattoriale che è stata notificata il 2/11/2023, al 31/12/2023 è spirato il termine per impugnare l’atto (cioè i 60 giorni). Inoltre, non partecipano al conteggio i debiti tributari che sono soggetti a pagamenti rateali o sono stati sospesi. Nel caso in cui il contribuente con un debito tributario complessivo superiore alla suddetta soglia di 5mila euro decidesse di aderire al CPB, può superare l’impasse effettuando pagamenti parziali e collocare i suoi debiti tributari entro il suddetto limite.

CAUSE DI ESCLUSIONE. Il D.lgs. n. 13/2024, che ha introdotto l’istituto, ha previsto a monte delle cause di esclusione per i contribuenti che nel tempo non hanno avuto una buona condotta nei confronti del Fisco.

Più precisamente, non possono aderire al CPB i contribuenti che per il triennio 2021-2023:

  • non hanno presentato all’Agenzia delle Entrate anche una soltanto delle dichiarazioni fiscali (modello redditi, Irap, IVA e 770);
  • sono stati condannati per reati tributari, riciclaggio e falso in bilancio.

Invece, quei contribuenti che nel 2024 hanno intrapreso operazioni straordinarie come fusioni, scissioni societarie o conferimenti d’azienda non posso aderire al CPB.

IL CONCORDATO PREVENTIVO BIENNALE: ho aderito, e adesso?

A decorre dal momento i cui il contribuente ha aderito è tenuto a presentare regolarmente le dichiarazioni dei redditi per il biennio, ma indicando i redditi concordati. Nel caso in cui si è difronte ad una tassazione per trasparenza (ad esempio soci di s.n.c.)  il concordato coinvolge i singoli soci.

Ma quali redditi vanno presi in considerazione ai fini di “concordare”, preventivamente, le ipotesi reddituali del biennio successivo? Soltanto quelli tipici dell’attività svolta.

I redditi derivanti dall’attività atipica come plusvalenze e minusvalenze nonché sopravvenienze attive e passive, i redditi da partecipazione e i dividendi saranno escluse dal calcolo.

Per quanto riguarda le perdite pregresse sono neutre rispetto al concordato riducendo il reddito del concordato.

Ma nulla è per sempre…

CAUSE DI FUORIUSCITA O DECADENZA DAL CPB. Nel corso del biennio, tuttavia, potrebbero presentarsi delle condizioni di fuoriuscita o di decadenza del concordato.

Le condizioni di fuoriuscita sono legate a delle scelte o condizioni che il contribuente non può prevedere al momento dell’adesione, come: variazione dell’attività svolta a meno che rimanga invariato il codice ISA; cessazione dell’attività; vengano intraprese operazioni straordinarie (fusione, scissione etc.) e realizzazione di ricavi oltre 7.746.853.

Invece, le condizioni di decadenza sono legate a comportamenti scorretti da parte del contribuente nei confronti del Fisco. Infatti, se per il periodo di imposta 2023 vengono comunicati dati errati al fine di determinare un minor reddito da assoggettare al CPB, con una discrepanza pari o maggiore al 30%, questo fa decadere l’accordo. Lo stesso effetto si determina nel caso in cui il contribuente non versi quanto dovuto in base al concordato oppure ometta la presentazione dei dichiarativi. Un’altra importante causa di decadenza è rappresentata dall’aumento dei debiti tributari al 31/12/2023 oltre la soglia dei 5.000,00 euro e questo potrebbe accadere perché nel frattempo l’importo degli interessi dovuti sono cresciuti.

Fatto questo breve excursus normativo del concordato preventivo biennale, tralasciando gli aspetti meramente tecnici, per il contribuente è importante avere a disposizione gli strumenti per valutare la convenienza ad aderire all’accordo con il Fisco.

In prima battuta è chiaro che la misura risulta conveniente per tutti i contribuenti che prevedono per il biennio 2024-2025 una crescita dei propri ricavi, così che già dal 31 ottobre 2024 (termine perentorio entro cui si deve aderire) conoscono perfettamente quale sarà l’esborso monetario che dovranno sostenere per pagare le imposte. Infatti, con l’adesione il reddito eccedete rispetto quello concordato non sarà soggetto a tassazione.

Tuttavia, per quanto riguarda sia i professionisti che i titolari di ditta individuale, limitatamente ai contributi previdenziali, rimane aperta la facoltà di calcolarli sul reddito effettivo se questo dovesse risultare superiore rispetto a quello concordato e qui la ratio legis è quella di tutelare gli scopi pensionistici del contribuente.

Altro elemento di vantaggio è rappresentato dal calcolo degli acconti per il 2024 per la parte di reddito eccedente rispetto quello dichiarato per il 2023. Infatti, la differenza è assoggettata ad un’imposta sostitutiva che va dal 10% al 15% in funzione del punteggio ISA emerso dalla dichiarazione dei redditi. Invece, per i soggetti forfettari è fissa al 10%.

Un altro importante aspetto di vantaggio è il cosiddetto “ombrello” dagli accertamenti analitico-induttivi basati su presunzioni semplici, cioè chi aderisce all’accordo per il biennio 24-25 non potrà essere soggetto a verifiche da parte del Fisco, salvo alcune eccezioni.

Inoltre, l’Agenzia delle Entrate ha pure previsto un ravvedimento speciale per sanare i periodi di imposta ancora accertabili (2018-2022) mettendo a disposizione sul cassetto fiscale di ciascun contribuente un prospetto di sanatoria per ciascun anno dove però l’imposta minima da pagare (ai fini IRES) a prescindere dal calcolo è di 1.000 euro per ciascun anno; invece ai fini IRAP l’imposta è dovuta regolarmente in base all’aliquota del 3,9% e non è prevista un’imposta minima.

In questo caso il contribuente si mette al riparo da eventuali accertamenti analitici, induttivi e presuntivi sia ai fini dei redditi che ai fini IVA, a meno che non ricorrano delle cause di decadenza del CPB.

Come ogni cosa, però bisogna mettere sul piatto della bilancia anche gli aspetti negativi. Il primo tra tutti è la determinazione da parte dell’Agenzia delle Entrate del reddito per il calcolo del Concordato Preventivo Biennale.

Vengono, infatti, prese in considerazioni una serie di elementi che non si basano soltanto sull’andamento storico del fatturato e del punteggio ISA ottenuto della singola azienda, ma anche altri fattori esogeni come ad esempio l’andamento del PIL e considerato che il CPB nasce (forse) da un’esigenza di fare cassa, molto probabilmente il reddito proposto sul quale calcolare preventivamente le imposte per il prossimo biennio, sarà più alto di quello effettivo.

Pertanto, potrebbe accadere che il contribuente si trovi nella situazione di dover pagare più imposte rispetto a quelle che andrebbe a pagare se non aderisce al CPB e una volta accettato l’accordo è obbligato a pagare quelle somme, a meno che non si siano verificati eventi come calamità naturali che comportano danno alle merci o beni aziendali oppure la sospensione dell’attività per almeno 30 giorni. Soltanto in questi casi, infatti, vi sarà la possibilità di rimodulare gli importi.

Inoltre, se il contribuente durante la fase di adesione o durante il biennio dovesse commettere degli errori il Fisco è disposto a “perdonare” fino al 30%, un margine di errore superiore fa decadere l’accordo e i benefici da questo previsti.

E pur vero che non si può generalizzare e ogni caso deve essere valutato singolarmente, osservando la convenienza o meno a concludere l’accordo. Tuttavia, il contribuente che non ha nulla da temere e paga regolarmente le imposte (quelle effettivamente dovute sulla base del reddito prodotto), non ha alcuna convenienza ad erodere liquidità oggi per un futuro incerto.

Per concludere vorrei riportare quanto raccomandato dall’Agenzia delle entrate nella scheda di sintesi del CPB prelevabile dal cassetto fiscale di ciascun contribuente : “si ricorda che l’articolo 34, comma 2, del decreto legislativo n. 13 del 2024 prevede che L’Agenzia delle entrate e il Corpo della Guardia di finanza programmano l’impiego di maggiore capacità operativa per intensificare l’attività di controllo nei confronti dei soggetti che non aderiscono al concordato preventivo biennale o ne decadono”.

Mi viene da pensare: il Concordato Preventivo Biennale va visto come una scelta per il contribuente o una minaccia?

 

 

 

 

 

Foto di Scott Graham su Unsplash

 

 

 

 

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